Sorprese e conferme, prestazioni individuali da incorniciare e flop più o meno clamorosi. Vittorie travolgenti e partite che tengono con il fiato sospeso fino all'ultimo. C'è stato di tutto nella giornata inaugurale degli Europei femminili.
Fra le squadre subito attese al varco la Danimarca, vera padrona di casa (a differenza delle norvegesi, loro giocheranno di sicuro tutti i propri incontri fra le mura amiche), che qualcuno pensava potesse soffrire la tensione per il debutto davanti ai suoi oltre quattromila tifosi. Ma non è stato così: le ragazze di Jan Pytlick hanno svolto bene il proprio compito, andando a sconfiggere la Serbia con autorità, comandando i giochi dal primo all'ultimo minuto (con punte fino al 13-5 della prima parte) e concludendo sul 25-20, con ben sette giocatrici a segno almeno tre volte - una fa pure poker. Bene Mie Augustesen, regina dei contropiedi scandinavi, ed Karin Mortensen (MVP delle sue) in porta con circa due terzi dei tentativi avversari neutralizzati nel primo tempo.
Insomma, la Danimarca ha mostrato di avere molte frecce al proprio arco; oppure, se vogliamo essere cattivi e guardare il bicchiere mezzo vuoto, ha lasciato intravedere l'apparente mancanza di un autentico leader che emerga sulle altre atlete e sappia trascinare la landshold. Intanto però, anche se i dubbi su qualità della squadra e chances di finire tra i primissimi rimangono, le danesi si sono messe in tasca i due punti, per il resto ci sarà tempo. Eppoi a che serve una trascinatrice, se le compagne non la seguono? La Serbia di ieri ne è perfetto esempio: Andrea Lekić superlativa con le sue sette meraviglie, ma ha finito col predicare nel deserto: senza l'aiuto delle altre - in particolare del terzino sinistro Sanja Damjanović, decisamente in serata no con il suo due su dieci al tiro, e la sua inefficacia assoluta dai nove metri - la squadra balcanica non ha può andare lontano.
Lo scontro di cartello nel gruppo A (il 'girone di ferro' della prima fase) vedeva però opposte Romania e Spagna. Ovvero la 'tricolore' di Voina contro la 'furie rosse', che per le rumene erano diventate la 'bestia nera', avendole buttato fuori dagli ultimi Europei e anche dai più recenti mondiali. Ma la vendetta è un piatto che si serve ... al freddo (di Aalborg, Danimarca). E vendetta fu: la Romania vince per 30-26, forse in modo ancor più lampante di quanto lo score finale possa raccontare. Balcaniche avanti per quasi tutto il match, tranne l'iniziale scatto spagnolo, con Manguè e compagnia ad approfittare di una falsa partenza di Neagu e socie, ed andare sul 3-1 dopo pochi minuti. Ma la fiesta appena cominciata è già finita. La reazione rumena, a forza di contropiedi micidiali, è immediata, porta all'immediata parità (4-4) e poi subito ad un vantaggio che le rivali non riusciranno mai ad annullare.
Trascinate da una Varzaru superlativa (nove reti per la giocatrice del Viborg) e dal pivot Ionela Stanca (a segno sette volte) in attacco, ma pure dal grande lavoro difensivo della Tivadar e di Aurelia Bradeanu, che disinnescano la 'miccia Begona (Fernañdez'), la quale avrà due reti come misero bottino, le rumene volano a più cinque, arrivando alla pausa sul 15-10. La musica non cambia nella ripresa, anzi il gap arriva fino al più otto, con Oana Soit, che gioca nella spagnola Itxako, sugli scudi, prima che - complice qualche cambio effettuato da Voina - la Spagna riesca a ridurre lo svantaggio fino al 19-22, ma non vada oltre. Alla truppa di Jorge Dueñas non bastano i sei goal di un'ottima Nerea Peña, e adesso, mentre le rumene si preparano alla grande sfida contro la Danimarca, la Spagna è costretta a fare risultato pieno contro la Serbia per evitare i rischi di una clamorosa eliminazione anticipata.
La vera regina della prima giornata, però, è stata Bojana Popović. Dimostrando ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, il suo valore assoluto (chi può vincere l'IHF Player of the Year se non lei?) la montenegrina battezza il ritorno (dopo sette anni) in un grande evento per nazioni trascinando la sua patria, indipendente solo dal 2006, ad una vittoria storica. Tanto più prestigiosa sia in quanto l'avversario era la Russia, priva di alcune giocatrici importanti ma sempre campionessa del mondo, sia per il modo in cui è stata conquistata, al termine di una rimonta epica.
Alzi la mano chi, con le russe avanti 15-9 appena prima dell'intervallo e Bojana ben controllata - nei limiti del possibile - da Ekaterina Vetkova, avrebbe puntato un centesimo sulla vittoria montenegrina. Ma nel secondo tempo accade l'impensabile: Evgueni Trefilov, 'generale' (da panchina) di mille battaglie, si scopre incapace di gestire il vantaggio, che le avversarie, spinte dalla Popović e da Maria Jovanović, rosicchiano punto su punto fino al 18-18. Riuscendo persino a mettere il naso avanti sul 20-19. Sul 20 pari seguono minuti convulsi in cui, tra nervosismo in attacco e bravura dei rispettivi portieri, nessuna delle due squadre riesce a far male all'avversario, ma poi si ritrova la via del goal, con il Montenegro a portarsi sul 23-21 nella volata finale. A poco serve l'ultima rete russa; Bojana (chi altri?) sigilla a fil di sirena il trionfo, ed esplode in un'esultanza già vista ai tempi delle sue grandi vittorie in Champions League. Con una fuoriclasse del genere, ed altri elementi di qualità in rosa, coach Dragan Adzić può puntare in alto.
Dominio balcanico nel girone B: vince pure la Croazia, brava a fare il suo dovere contro l'Islanda. A differenza del Montenegro, le scandinave arrivano al ballo delle debuttanti senza il vestito della festa, e senza grandi pretese. Il vantaggio iniziale opera di Karen Knútsdóttir sarà l'unico momento da ricordare con piacere nella 'prima volta' dell'isola scandinava (in versione femminile) agli Europei. Poi arriva il ciclone croato e travolge senza pietà le avversarie. Cinque reti di fila aprono la strada a un dominio che arriverà fino al 19-12 dell'intervallo, con molte delle atlete slave a segno. Troppa anche la differenza di percentuali fra i rispettivi portieri. Nella ripresa il coach balcanico lascia maggiore spazio alle seconde linee, risparmiando la stella Andrea Penezić, ma neppure questo aiuta Anna Guðrún Stefánsdóttir (comunque sei reti per la top scorer islandese) e compagne. La Croazia compie la sua missione. Fuori una, adesso avanti la prossima ...
C'è chi riesce a far peggio dell'Islanda: è l'Ucraina, umiliata dalle terribili olandesi, sempre più squadra da prendere con le molle. Pidpalova (a segno solo una volta) e compagne terminano l'incontro con un imbarazzante tredici alla voce 'goal segnati'. La loro gara inizia male (8-13 all'intervallo) e finisce peggio, tanto che le slave non riescono più a segnare negli ultimi tredici minuti e mezzo!! La coppia formata da Maura Visser (dieci reti su tredici per la giocatrice del KIF Vejen. Non male come debutto, eh?) e Pearl van der Wissel (tre 'perle' su cinque, ma tutte al momento giusto) ne approfitta per completare la sua devastante opera fino al 25-13, incredibile score conclusivo di un match che ha visto l' Olanda sempre avanti. La cinquina di Rehina Shymkute serve a ben poco, e a questo punto viene da chiedersi se un'Irina Chernova (le cui recenti prestazioni di Coppa Coppe contro il Rostov, ricordiamo, le avevano fruttato pure i complimenti sul sito della capolista del campionato russo) non avrebbe fatto comodo a questa squadra. Comprensibile l'imbarazzo a fine partita di coach Leonid Yevtushenko, che si spreca in elogi per le avversarie ma in pratica evita ogni commento sulla prestazione della propria squadra.
Se nel gruppo C l'Ucraina piange, la Germania non ride. Tedesche tradite ancora una volta da Grit Jurack, abulica per quasi tutto il match, e battute dalla sorprendente Svezia al termine di una sfida equilibrata ed emozionante. Alle semifinaliste di Skopje 2008 non basta il pokerissimo di Anja Althuas, nè la mezza dozzina di reti di Franziska Mietzner, terzino destro classe 1988 dal braccio potente che si sta facendo conoscere dal grande pubblico. Non basta anche perché dall'altra parte c'è una stra-to-sfe-ri-ca Gabriella Kain in versione saracinesca. Rigori parati ed altre prodezze del portiere scandinavo tengono a galla (a dir la verità assieme al sangue freddo di Isabelle Gulldén dai sette metri) la Svezia in un primo tempo finito sul 14-12 per la Germania. Nella ripresa al suo show personale si aggiungono la stessa Gulldén, Linnea Torstenson (stella poco brillante nel match, ma comunque autrice di una tripletta decisiva) e soprattutto la 'Toulon connection': Therese Helgesson e Kristina Flognman, compagne di squadra nelle fila delle campionesse di Francia, le due salgono in cattedra al momento giusto e piazzano le reti che fanno la differenza, completando il sorpasso delle vichinghe e portando la squadra al 27-25 finale.
Solo la sconfitta islandese macchia il debutto delle formazioni scandinave: oltre a Danimarca a Svezia, anche la favoritissima Norvegia esordisce (a Lillehammer) con una bella vittoria. Trenta minuti stellari, vicinissimi alla perfezione, sono più che sufficienti ad asfaltare la malcapitata Francia. Scandinave esaltate ed esaltanti di fronte al proprio pubblico. Transalpine battagliere nei primissimi minuti, ma la loro resistenza si scioglie come neve al sole quando un poker di reti del terzino destro Tonje Nostvøld spiana la strada alle norvegesi, portando ad un vantaggio che arriva fino al 19-10 dell'intervallo. Arcigna difesa ed efficaci contrattacchi (nei quali si fa notare, sempre sul lato destro, la 'solita' Linn-Kristin 'Ferrari' Riegelhuth), uniti alla 'solita' buona prestazione fra i pali di Katrine Lunde Haraldsen, ed alla classe di una grande Tonje Larsen, sono gli ingredienti principali dello spettacolo offerto dalla landslag.
Nella ripresa coach Hergeirsson offre maggior spazio alle giovani Nora Mørk (a segno per la prima volta in una competizione del genere), Mari Molid e Stine Bredal Oftedal (quest'ultima un po' emozionata, fa bene il lavoro da centrale ma purtroppo fallisce i tre tentativi di battezzare il suo debutto 'fra i grandi' con una rete). Turnover o meno, le norvegesi non lasciano comunque alle avversarie neppure un vero e proprio accenno di rimonta, ed alla sirena il 33-22 finale risulta frustrante per le transalpine, che continuano una serie negativa iniziata nelle ultime tre partite di preparazione, tutte perse. Alison Pineau mediocre, tra le Bleues si salvano forse Audrey Deroin (quattro reti) e Katty Tolla Piejos (tre tiri, tre goal), con Amandine Leynaud almeno brava ad evitare un passivo ancora peggiore.
Buonissima la prima nel girone D per l'Ungheria. Vittoria agevole alla Håkons Hall, come agevole era l'avversario: la Slovenia, incapace di trovare la via del goal per i sette minuti iniziali, è in buona parte troppo giovane ed inesperta per ostacolare le avversarie, che vincono per 28-19 (ma già il 16-10 della pausa, a dispetto di una doppia inferiorità numerica per la magiare, faceva capire come sarebbe finita), trascinate da Anita Bulath (sei goal), da Orsolya Verten (cinque) e dal poker immediato di Zita Szucsánszki, utile a fare subito il break decisivo. Colpiscono però anche gli ZERU goal su dieci tentativi di Ana Gros: la giovane promessa dell'handball sloveno si fa letteralmente ipnotizzare dall'ottima Katalin Pálinger, sua compagna di club al Győri ETO, e non ne azzecca una che sia una. Il pivot Urša Oven e la 'rigorista' Maja Zrnec sono più prolifiche, ed entrano fra le poche note positive viste al debutto delle slave.
Fra le squadre subito attese al varco la Danimarca, vera padrona di casa (a differenza delle norvegesi, loro giocheranno di sicuro tutti i propri incontri fra le mura amiche), che qualcuno pensava potesse soffrire la tensione per il debutto davanti ai suoi oltre quattromila tifosi. Ma non è stato così: le ragazze di Jan Pytlick hanno svolto bene il proprio compito, andando a sconfiggere la Serbia con autorità, comandando i giochi dal primo all'ultimo minuto (con punte fino al 13-5 della prima parte) e concludendo sul 25-20, con ben sette giocatrici a segno almeno tre volte - una fa pure poker. Bene Mie Augustesen, regina dei contropiedi scandinavi, ed Karin Mortensen (MVP delle sue) in porta con circa due terzi dei tentativi avversari neutralizzati nel primo tempo.
Insomma, la Danimarca ha mostrato di avere molte frecce al proprio arco; oppure, se vogliamo essere cattivi e guardare il bicchiere mezzo vuoto, ha lasciato intravedere l'apparente mancanza di un autentico leader che emerga sulle altre atlete e sappia trascinare la landshold. Intanto però, anche se i dubbi su qualità della squadra e chances di finire tra i primissimi rimangono, le danesi si sono messe in tasca i due punti, per il resto ci sarà tempo. Eppoi a che serve una trascinatrice, se le compagne non la seguono? La Serbia di ieri ne è perfetto esempio: Andrea Lekić superlativa con le sue sette meraviglie, ma ha finito col predicare nel deserto: senza l'aiuto delle altre - in particolare del terzino sinistro Sanja Damjanović, decisamente in serata no con il suo due su dieci al tiro, e la sua inefficacia assoluta dai nove metri - la squadra balcanica non ha può andare lontano.
Lo scontro di cartello nel gruppo A (il 'girone di ferro' della prima fase) vedeva però opposte Romania e Spagna. Ovvero la 'tricolore' di Voina contro la 'furie rosse', che per le rumene erano diventate la 'bestia nera', avendole buttato fuori dagli ultimi Europei e anche dai più recenti mondiali. Ma la vendetta è un piatto che si serve ... al freddo (di Aalborg, Danimarca). E vendetta fu: la Romania vince per 30-26, forse in modo ancor più lampante di quanto lo score finale possa raccontare. Balcaniche avanti per quasi tutto il match, tranne l'iniziale scatto spagnolo, con Manguè e compagnia ad approfittare di una falsa partenza di Neagu e socie, ed andare sul 3-1 dopo pochi minuti. Ma la fiesta appena cominciata è già finita. La reazione rumena, a forza di contropiedi micidiali, è immediata, porta all'immediata parità (4-4) e poi subito ad un vantaggio che le rivali non riusciranno mai ad annullare.
Trascinate da una Varzaru superlativa (nove reti per la giocatrice del Viborg) e dal pivot Ionela Stanca (a segno sette volte) in attacco, ma pure dal grande lavoro difensivo della Tivadar e di Aurelia Bradeanu, che disinnescano la 'miccia Begona (Fernañdez'), la quale avrà due reti come misero bottino, le rumene volano a più cinque, arrivando alla pausa sul 15-10. La musica non cambia nella ripresa, anzi il gap arriva fino al più otto, con Oana Soit, che gioca nella spagnola Itxako, sugli scudi, prima che - complice qualche cambio effettuato da Voina - la Spagna riesca a ridurre lo svantaggio fino al 19-22, ma non vada oltre. Alla truppa di Jorge Dueñas non bastano i sei goal di un'ottima Nerea Peña, e adesso, mentre le rumene si preparano alla grande sfida contro la Danimarca, la Spagna è costretta a fare risultato pieno contro la Serbia per evitare i rischi di una clamorosa eliminazione anticipata.
La vera regina della prima giornata, però, è stata Bojana Popović. Dimostrando ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, il suo valore assoluto (chi può vincere l'IHF Player of the Year se non lei?) la montenegrina battezza il ritorno (dopo sette anni) in un grande evento per nazioni trascinando la sua patria, indipendente solo dal 2006, ad una vittoria storica. Tanto più prestigiosa sia in quanto l'avversario era la Russia, priva di alcune giocatrici importanti ma sempre campionessa del mondo, sia per il modo in cui è stata conquistata, al termine di una rimonta epica.
Alzi la mano chi, con le russe avanti 15-9 appena prima dell'intervallo e Bojana ben controllata - nei limiti del possibile - da Ekaterina Vetkova, avrebbe puntato un centesimo sulla vittoria montenegrina. Ma nel secondo tempo accade l'impensabile: Evgueni Trefilov, 'generale' (da panchina) di mille battaglie, si scopre incapace di gestire il vantaggio, che le avversarie, spinte dalla Popović e da Maria Jovanović, rosicchiano punto su punto fino al 18-18. Riuscendo persino a mettere il naso avanti sul 20-19. Sul 20 pari seguono minuti convulsi in cui, tra nervosismo in attacco e bravura dei rispettivi portieri, nessuna delle due squadre riesce a far male all'avversario, ma poi si ritrova la via del goal, con il Montenegro a portarsi sul 23-21 nella volata finale. A poco serve l'ultima rete russa; Bojana (chi altri?) sigilla a fil di sirena il trionfo, ed esplode in un'esultanza già vista ai tempi delle sue grandi vittorie in Champions League. Con una fuoriclasse del genere, ed altri elementi di qualità in rosa, coach Dragan Adzić può puntare in alto.
Dominio balcanico nel girone B: vince pure la Croazia, brava a fare il suo dovere contro l'Islanda. A differenza del Montenegro, le scandinave arrivano al ballo delle debuttanti senza il vestito della festa, e senza grandi pretese. Il vantaggio iniziale opera di Karen Knútsdóttir sarà l'unico momento da ricordare con piacere nella 'prima volta' dell'isola scandinava (in versione femminile) agli Europei. Poi arriva il ciclone croato e travolge senza pietà le avversarie. Cinque reti di fila aprono la strada a un dominio che arriverà fino al 19-12 dell'intervallo, con molte delle atlete slave a segno. Troppa anche la differenza di percentuali fra i rispettivi portieri. Nella ripresa il coach balcanico lascia maggiore spazio alle seconde linee, risparmiando la stella Andrea Penezić, ma neppure questo aiuta Anna Guðrún Stefánsdóttir (comunque sei reti per la top scorer islandese) e compagne. La Croazia compie la sua missione. Fuori una, adesso avanti la prossima ...
C'è chi riesce a far peggio dell'Islanda: è l'Ucraina, umiliata dalle terribili olandesi, sempre più squadra da prendere con le molle. Pidpalova (a segno solo una volta) e compagne terminano l'incontro con un imbarazzante tredici alla voce 'goal segnati'. La loro gara inizia male (8-13 all'intervallo) e finisce peggio, tanto che le slave non riescono più a segnare negli ultimi tredici minuti e mezzo!! La coppia formata da Maura Visser (dieci reti su tredici per la giocatrice del KIF Vejen. Non male come debutto, eh?) e Pearl van der Wissel (tre 'perle' su cinque, ma tutte al momento giusto) ne approfitta per completare la sua devastante opera fino al 25-13, incredibile score conclusivo di un match che ha visto l' Olanda sempre avanti. La cinquina di Rehina Shymkute serve a ben poco, e a questo punto viene da chiedersi se un'Irina Chernova (le cui recenti prestazioni di Coppa Coppe contro il Rostov, ricordiamo, le avevano fruttato pure i complimenti sul sito della capolista del campionato russo) non avrebbe fatto comodo a questa squadra. Comprensibile l'imbarazzo a fine partita di coach Leonid Yevtushenko, che si spreca in elogi per le avversarie ma in pratica evita ogni commento sulla prestazione della propria squadra.
Se nel gruppo C l'Ucraina piange, la Germania non ride. Tedesche tradite ancora una volta da Grit Jurack, abulica per quasi tutto il match, e battute dalla sorprendente Svezia al termine di una sfida equilibrata ed emozionante. Alle semifinaliste di Skopje 2008 non basta il pokerissimo di Anja Althuas, nè la mezza dozzina di reti di Franziska Mietzner, terzino destro classe 1988 dal braccio potente che si sta facendo conoscere dal grande pubblico. Non basta anche perché dall'altra parte c'è una stra-to-sfe-ri-ca Gabriella Kain in versione saracinesca. Rigori parati ed altre prodezze del portiere scandinavo tengono a galla (a dir la verità assieme al sangue freddo di Isabelle Gulldén dai sette metri) la Svezia in un primo tempo finito sul 14-12 per la Germania. Nella ripresa al suo show personale si aggiungono la stessa Gulldén, Linnea Torstenson (stella poco brillante nel match, ma comunque autrice di una tripletta decisiva) e soprattutto la 'Toulon connection': Therese Helgesson e Kristina Flognman, compagne di squadra nelle fila delle campionesse di Francia, le due salgono in cattedra al momento giusto e piazzano le reti che fanno la differenza, completando il sorpasso delle vichinghe e portando la squadra al 27-25 finale.
Solo la sconfitta islandese macchia il debutto delle formazioni scandinave: oltre a Danimarca a Svezia, anche la favoritissima Norvegia esordisce (a Lillehammer) con una bella vittoria. Trenta minuti stellari, vicinissimi alla perfezione, sono più che sufficienti ad asfaltare la malcapitata Francia. Scandinave esaltate ed esaltanti di fronte al proprio pubblico. Transalpine battagliere nei primissimi minuti, ma la loro resistenza si scioglie come neve al sole quando un poker di reti del terzino destro Tonje Nostvøld spiana la strada alle norvegesi, portando ad un vantaggio che arriva fino al 19-10 dell'intervallo. Arcigna difesa ed efficaci contrattacchi (nei quali si fa notare, sempre sul lato destro, la 'solita' Linn-Kristin 'Ferrari' Riegelhuth), uniti alla 'solita' buona prestazione fra i pali di Katrine Lunde Haraldsen, ed alla classe di una grande Tonje Larsen, sono gli ingredienti principali dello spettacolo offerto dalla landslag.
Nella ripresa coach Hergeirsson offre maggior spazio alle giovani Nora Mørk (a segno per la prima volta in una competizione del genere), Mari Molid e Stine Bredal Oftedal (quest'ultima un po' emozionata, fa bene il lavoro da centrale ma purtroppo fallisce i tre tentativi di battezzare il suo debutto 'fra i grandi' con una rete). Turnover o meno, le norvegesi non lasciano comunque alle avversarie neppure un vero e proprio accenno di rimonta, ed alla sirena il 33-22 finale risulta frustrante per le transalpine, che continuano una serie negativa iniziata nelle ultime tre partite di preparazione, tutte perse. Alison Pineau mediocre, tra le Bleues si salvano forse Audrey Deroin (quattro reti) e Katty Tolla Piejos (tre tiri, tre goal), con Amandine Leynaud almeno brava ad evitare un passivo ancora peggiore.
Buonissima la prima nel girone D per l'Ungheria. Vittoria agevole alla Håkons Hall, come agevole era l'avversario: la Slovenia, incapace di trovare la via del goal per i sette minuti iniziali, è in buona parte troppo giovane ed inesperta per ostacolare le avversarie, che vincono per 28-19 (ma già il 16-10 della pausa, a dispetto di una doppia inferiorità numerica per la magiare, faceva capire come sarebbe finita), trascinate da Anita Bulath (sei goal), da Orsolya Verten (cinque) e dal poker immediato di Zita Szucsánszki, utile a fare subito il break decisivo. Colpiscono però anche gli ZERU goal su dieci tentativi di Ana Gros: la giovane promessa dell'handball sloveno si fa letteralmente ipnotizzare dall'ottima Katalin Pálinger, sua compagna di club al Győri ETO, e non ne azzecca una che sia una. Il pivot Urša Oven e la 'rigorista' Maja Zrnec sono più prolifiche, ed entrano fra le poche note positive viste al debutto delle slave.
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