Una gigantesca Danimarca abbatte, un po' a sorpresa, la Romania (25-22) nel match-clou del gruppo A al Gigantium di Aalborg, e si candida seriamente ad uno dei posti sul podio finale, se non forse addirittura a quello più in alto (ma la strada è ancora lungam e le avversarie temibili). In questa vittoria, una delle più belle degli ultimi anni per una squadra da tempo a digiuno di grandi risultati, è decisivo il parziale che ha portato le scandinave dal 15-17 al 23-17 nella ripresa (in una dozzina di minuti terribili per la Romania), dopo una prima parte equilibrata, ma vinta dalle ospiti per 15-14. Cristina Neagu risulta spesso troppo isolata nella fase offensiva rumena, e poi anche lei si inceppa nel finale, mentre nel secondo tempo le parate di Karin Mortensen, unite alla prolificità di Ann Grete Nørgaard (sette reti, di cui tre su rigore) sono tra i principali ingredienti del trionfo danese.
La difesa fa la sua parte, con Mette Melgaard e Rikke Skov a rendere la via del goal impervia alle avversarie sin dalle battute iniziali. Se poi ci si mettono anche il pivot Line Jørgensen e la poco più che ventenne Lærke Møller (capofila di una generazione che può dare molte soddisfazioni) a bucare la rete di Paula Ungureanu dalla distanza, ecco che i tifosi danesi, questa volta autentico 'numero otto' della squadra di Jan Pytlick, possono cominciare a sognare dall'inizio, quando il tabellone segna 6-3 per la Danimarca.
Però dall'altra parte c'è sempre una signora squadra, e se la Neagu comincia a girare, per le avversarie arrivano i problemi. Il terzino dell'Oltchim, fresca di nomina a candidata all'IHF World Player of the Year, unisce le forze con Cristina Varzaru ed il pivot rumeno Ionela Stanca; insieme arrivano a ribaltare la situazione e portare la 'tricolore' sul 13-10. Altrove forse la Romania avrebbe preso definitivamente il largo, ma non nei campi danesi, in cui la nazionale di Voina aveva perso gli ultimi incontri disputati. Tantomeno stavolta.
La Skov, compagna di club di Varzaru al Viborg, e la Nørgaard mantengono le scandinave in partita fino alla pausa. Poi, dopo l'intervallo, e dopo un'illusoria doppietta della Neagu, avviene il 'fattaccio': Karin Mortensen, ritrovato il suo stato di grazia dopo un brutto primo tempo, e la difesa danese chiudono le porte alla Romania, totalmente in bambola per una 'sporca' dozzina di minuti. Neagu si blocca, le altre peggio ancora, un Voina troppo nervoso non riesce a trovare il bandolo della matassa, mentre in campo opposto la Nørgaard fa strage, con cinque suoi goal in neanche dieci minuti.
La Danimarca sembra pagare questo sforzo nell'ultimo tratto di gara, in cui la Ungureanu torna in forma. Ma a quel punto Cristina Neagu, unica rumena a segnare per quasi 25 minuti, non sa aggiungere più nulla al tabellino marcatori. Per cui nemmeno la ritrovata vena realizzativa di alcune compagne (non della Varzaru, un fantasma in campo per tutto il secondo tempo) serve a molto; e se A.G. Nørgaard ha finito la benzina, tornano a colpire Jørgensen e Møller: insieme sigillano una vittoria che, visti i tempi che corrono (correvano?) in casa Pytlick, si può tranquillamente definire epica. E che fa tornare alla mente di media e tifosi locali i fasti del passato, del periodo tra anni '90 ed inizio secolo in cui la landshold dettava legge in giro per il mondo. Certo questa squadra non è assolutamente al livello delle passate pluricampionesse europee, mondiali e olimpiche, ma dopo questa partita in Danimarca pensare in grande non è più reato.
Netta e chiara vittoria (30-24), costruita nel primo tempo (terminato 16-11), della Russia sulla Croazia nell'altra sfida della serata. Russe rinnovate anche nella formazione, con Turey e Khmyrova che perdono la titolarità, ed Anna Sen, Kseniya Makeeva ed Ekaterina Davydenko decisive, con le loro prodezze dai sei metri, nel successo della squadra di Trefilov. Ma anche i tiri dai nove metri della Kochetova aiutano parecchio. Al contrario, dall'altra parte sia Andrea Penezić che Lidija Horvat offrono una prestazione sottotono (una rete a testa su quindici tentativi complessivi), e le 'sette volte' dell'ala sinistra Nikica Pušić servono unicamente come soddisfazione personale. Con questa riscossa dopo lo scivolone iniziale, la Russia sale a quota 2 punti, aggancia le balcaniche nel Gruppo B ed ipoteca (ci mancherebbe altro, sono pur sempre campionesse del mondo in carica) il passaggio del turno.
La difesa fa la sua parte, con Mette Melgaard e Rikke Skov a rendere la via del goal impervia alle avversarie sin dalle battute iniziali. Se poi ci si mettono anche il pivot Line Jørgensen e la poco più che ventenne Lærke Møller (capofila di una generazione che può dare molte soddisfazioni) a bucare la rete di Paula Ungureanu dalla distanza, ecco che i tifosi danesi, questa volta autentico 'numero otto' della squadra di Jan Pytlick, possono cominciare a sognare dall'inizio, quando il tabellone segna 6-3 per la Danimarca.
Però dall'altra parte c'è sempre una signora squadra, e se la Neagu comincia a girare, per le avversarie arrivano i problemi. Il terzino dell'Oltchim, fresca di nomina a candidata all'IHF World Player of the Year, unisce le forze con Cristina Varzaru ed il pivot rumeno Ionela Stanca; insieme arrivano a ribaltare la situazione e portare la 'tricolore' sul 13-10. Altrove forse la Romania avrebbe preso definitivamente il largo, ma non nei campi danesi, in cui la nazionale di Voina aveva perso gli ultimi incontri disputati. Tantomeno stavolta.
La Skov, compagna di club di Varzaru al Viborg, e la Nørgaard mantengono le scandinave in partita fino alla pausa. Poi, dopo l'intervallo, e dopo un'illusoria doppietta della Neagu, avviene il 'fattaccio': Karin Mortensen, ritrovato il suo stato di grazia dopo un brutto primo tempo, e la difesa danese chiudono le porte alla Romania, totalmente in bambola per una 'sporca' dozzina di minuti. Neagu si blocca, le altre peggio ancora, un Voina troppo nervoso non riesce a trovare il bandolo della matassa, mentre in campo opposto la Nørgaard fa strage, con cinque suoi goal in neanche dieci minuti.
La Danimarca sembra pagare questo sforzo nell'ultimo tratto di gara, in cui la Ungureanu torna in forma. Ma a quel punto Cristina Neagu, unica rumena a segnare per quasi 25 minuti, non sa aggiungere più nulla al tabellino marcatori. Per cui nemmeno la ritrovata vena realizzativa di alcune compagne (non della Varzaru, un fantasma in campo per tutto il secondo tempo) serve a molto; e se A.G. Nørgaard ha finito la benzina, tornano a colpire Jørgensen e Møller: insieme sigillano una vittoria che, visti i tempi che corrono (correvano?) in casa Pytlick, si può tranquillamente definire epica. E che fa tornare alla mente di media e tifosi locali i fasti del passato, del periodo tra anni '90 ed inizio secolo in cui la landshold dettava legge in giro per il mondo. Certo questa squadra non è assolutamente al livello delle passate pluricampionesse europee, mondiali e olimpiche, ma dopo questa partita in Danimarca pensare in grande non è più reato.
Netta e chiara vittoria (30-24), costruita nel primo tempo (terminato 16-11), della Russia sulla Croazia nell'altra sfida della serata. Russe rinnovate anche nella formazione, con Turey e Khmyrova che perdono la titolarità, ed Anna Sen, Kseniya Makeeva ed Ekaterina Davydenko decisive, con le loro prodezze dai sei metri, nel successo della squadra di Trefilov. Ma anche i tiri dai nove metri della Kochetova aiutano parecchio. Al contrario, dall'altra parte sia Andrea Penezić che Lidija Horvat offrono una prestazione sottotono (una rete a testa su quindici tentativi complessivi), e le 'sette volte' dell'ala sinistra Nikica Pušić servono unicamente come soddisfazione personale. Con questa riscossa dopo lo scivolone iniziale, la Russia sale a quota 2 punti, aggancia le balcaniche nel Gruppo B ed ipoteca (ci mancherebbe altro, sono pur sempre campionesse del mondo in carica) il passaggio del turno.
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